Di qua e di là dal fiume (Self-puplishing, 2015)

Ricerca fotografica sul Delta del Po partendo dai borghi rurali di fondazione della Riforma Agraria nell’esperienza di Pierluigi Giordani

Nell’immediato dopoguerra quasi la metà della popolazione italiana viveva esclusivamente di agricoltura. Lo Stato Italiano si occupò del mondo agricolo varando, nel 1950, la Riforma Agraria voluta dall’allora Governo De Gasperi. Furono così identificati otto distinti comprensori nella penisola nei quali vennero costituiti degli Enti con il compito di espropriare, trasformare e assegnare le terre ai contadini.

Nel comprensorio del Delta Padano furono coinvolti 28 comuni tra le provincie di Venezia, Rovigo, Ferrara e Ravenna. In questi territori si sono susseguite a partire dall’Ottocento opere di bonifica fino alla metà degli anni Sessanta del Novecento. I terreni bonificati venivano assegnati in base alla quantificazione di forza lavoro di ogni singola famiglia che, pagando annualmente un canone di riscatto permetteva loro di diventare proprietari della terra che lavoravano nell’arco di trent’anni.

A partire dal 1953 ebbero inizio le prime realizzazioni, con la creazione di un vero e proprio tessuto urbano. Vennero costruiti dall’Ente case, strade, opere idrauliche e i Borghi rurali per garantire i servizi di prima necessità (chiesa, scuola elementare, asilo e circolo di ritrovo) relativi ad una popolazione variabile tra i 1000 e i 1500 abitanti.

La progettazione di alcuni di questi Borghi venne affidata a Pierluigi Giordani che tra il 1954 e il 1963 prese parte alla realizzazione di ben sette complessi: Santa Giustina, Cà Mello, Marchiona, San Romualdo, S. Apollinare, Oca e Corte Cascina. I borghi si svelano al visitatore attraverso un sapiente studio compositivo e alla marcata attenzione per quanto riguarda l’utilizzo dei materiali.

 

Il mio lavoro fotografico parte da questi luoghi di aggregazione, progettati con il chiaro intento di creare un’identità per la collettività che li fruisce e si allarga alla città diffusa circostante fino ad arrivare al mio paese di origine, Savarna, che si trova anch’esso in un’area attraversata da secoli di bonifiche a pochi chilometri dal borgo di San Romualdo nel Comune di Ravenna.

In questi luoghi da bambini e poi da ragazzi quando giocavamo a calcio nei cortili, il pomeriggio dopo la scuola, ci dividevamo in due squadre: quelli di qua contro quelli di là. A separarci era il fiume Lamone che divide Savarna, Grattacoppa e Conventello da Torri. Alcuni mesi fa ho scoperto, leggendo il libro Il Conventello di Sant’Ubaldo di Sauro Ravaioli, che nel territorio ravennate extraurbano fino al secolo XVIII c’erano due regioni che portavano il nome di Savarna: una si chiamava Savarna di qua e l’altra Savarna di là, divise dal corso del fiume.

 

  • Lavoro selezionato per il contributo alla riflessione sui temi della XVIII Conferenza Nazionale degli Urbanisti Italia ’45-’45, con il libro fotografico Di qua e di là dal fiume; indetta dallo IUAV, a cura di Stefano Munarin e Andrea Pertoldeo;
  • Pubblicato sul sito documentary platform;

  • presentato alla Facoltà di Architettura nel Corso di Urbanistica di Valentina Orioli e Enrico Brighi.

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